Il disastro aereo delle Ande

Il 13 ottobre del 1972 avvenne la drammatica sciagura aerea sulla cordigliera delle Ande, che impressionò e sconvolse il mondo intero: un velivolo che trasportava 45 persone si schiantò a 3657 metri d’altezza contro un vulcano.

L’INCIDENTE:

Il volo trasportava una squadra rugby uruguaiana con i rispettivi allenatori, parenti e amici.
La nebbia fitta e le perturbazioni sulle Ande costrinsero l’aereo ad atterrare in serata all’aeroporto di Mendoza, in Argentina, e obbligò i passeggeri a ripartire il giorno successivo.

Il 13 ottobre l’aereo decollò, ma un errore di volo sulla rotta fece finire l’aereo in mezzo alla Cordigliera. Quando le nuvole si diradarono l’equipaggio si rese conto di essere vicinissimo alle vette delle montagne, il pilota tentò velocemente di rialzare l’aereo ma l’ala destra dell’aereo colpì la cima di una montagna a circa 4200 metri di quota.
L’ala tranciò di netto la coda dell’aereo uccidendo alcuni passeggeri, poi l’aereo colpi un’altra sporgenza rocciosa che tranciò anche l’ala sinistra.

Fortunatamente l’aereo cadde parallelo su un ripido pendio e scivolò lungo di esso per circa due chilometri, diminuendo gradualmente la sua velocità fino a fermarsi nella neve con un violento impatto.
Nell’impatto morirono in 12. Alcuni dei sopravvissuti avevano gambe e braccia rotte e nessuno aveva abiti adatti per resistere al freddo delle Ande. Altri 5 ne morirono entro la giornata e uno morì il giorno successivo.Durante i primi giorni i sopravvissuti consumarono cioccolato, caramelle e biscotti che erano presenti a bordo dell’aereo e si dissetarono succhiando direttamente la neve.

Ben presto però le riserve di cibo finirono e per i sopravvissuti si pose un grandissimo dilemma etico: sopravvivere mangiando i cadaveri degli altri passeggeri o morire di fame. Non fu una decisione facile, né immediata con una discussione che proseguì dalla mattina fino al pomeriggio inoltrato, dibattendo tra questioni morali, religiose e laiche, fino a quando alcuni di loro riuscirono a reprimere la ripugnanza e a sormontare un tabù primitivo cibandosi dei cadaveri dei loro compagni morti, che avevano seppellito nella neve vicino all’aereo.

Il 12 dicembre 1972: Parrado, Canessa e Vizintin iniziarono il loro viaggio per raggiungere il Cile a piedi e chiedere soccorsi.Vizintin però dovette ritornare alla carcassa dell’aereo poiché i viveri che si erano portati bastavano solo per due persone.

Dopo dieci giorni di marcia i due sopravvissuti incontrarono dei mandriani che li sfamarono con pagnotte di pane e li aiutarono a chiamare i soccorsi.
Lo stesso giorno partì una spedizione di soccorso con due elicotteri.Tutti e 16 superstiti vennero salvati e condotti in ospedale con sintomi di insufficienza respiratoria da alta montagna, disidratazione, traumi e malnutrizione, ma sicuramente stavano meglio di quanto si sarebbe potuto prevedere, nonostante alcuni avessero perso fino a 40 kg.

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