
La generosità di Antonio, principe de Curtis, in arte Totò, era proverbiale. Moltissimi, conoscendola, chiedevano aiuto al grande attore comico del cinema e del teatro italiano che con la sua maschera inconfondibile ha attraversato oltre cinquant’anni di storia nazionale, dalla Prima guerra mondiale agli anni della ricostruzione e del boom economico. Franca Faldini, la vedova del popolare artista, raccontava di aver compilato per conto del marito un numero incalcolabile di vaglia per aiutare i bisognosi. «I quattrini servono finché si spendono», ripeteva Totò.
La proverbiale generosità dell’attore napoletano si estendeva anche ai cani, ai trovatelli, ai cosiddetti “randagi”, parola che a Totò non piaceva affatto.
«Il principe della risata» aveva l’abitudine di visitare canili e rifugi, cui elargiva sostanziosi contribuiti e donazioni.
Nel 1965, si decise ad aprire lui stesso un canile, alle porte di Roma. La struttura era dotata di cucce confortevoli, impianti di illuminazione e riscaldamento, fognature e acqua potabile, e anche un ambulatorio con le migliori attrezzature mediche dell’epoca gestito dal dottor Vincenzo Mascia, diventato famoso per avere curato e salvato Cassius, il gatto di Elizabeth Taylor, durante una visita della diva dagli occhi viola a Roma.
Totò lo chiamò “L’ospizio dei Trovatelli”, vi venivano ospitati cani malati o feriti. A un certo punto arrivarono a essere alloggiati ben 220 cani.
L’attore simbolo dello spettacolo comico in Italia faceva visita ai suoi “piccoli angeli” ogni domenica, indosso la “divisa da cani”, abiti vecchi che potevano “resistere” all’assalto degli animali che gli si gettavano addosso per salutarlo, e con la moglie Franca dispensava ai suoi pelosetti coccole e carezze.
Totò amava giocare con i cani, divertirsi, stare semplicemente in mezzo a loro e, sicuramente, “ci chiacchierava anche”.
In un’intervista condotta da Oriana Fallaci, la celebre giornalista chiese all’attore qualche anno prima che morisse, per quali motivi mantenesse ben più di duecento cani. “Perché” – rispose Totò – «un cane val più di un cristiano. Lei lo picchia e lui le è affezionato l’istesso, non gli dà da mangiare e lui le vuole bene l’istesso, lo abbandona e lui le è fedele l’istesso. Il cane è nu signore, tutto il contrario dell’uomo. Io mangio più volentieri con un cane che con un uomo».
Totò era grande a partire dalla sua incontenibile umanità. Si racconto che Totò, quando tornava alla Sanità, il quartiere in cui era nato e visse fino a un certo punto, di notte andava nei vicoli e metteva dei soldi sotto le porte dei i bassi, i vasci napoletani, abitazioni fronte strada spesso costituiti di una sola stanza in cui vivevano famiglie numerose. Forse da qui anche la sua grande malinconia che lo attanagliava. Poi, sulla scena si trasformava e la sua comicità diventava incotenibile e pirotecnica e, mai banale. Il suo amore per i cani toccava sicuramente la questione dell’abbandono sia umano che animale. 👏👏👏
Non conoscevo la storia dei soldi sotto le porte, grazie 🙏😁
È immensamente bello che il mondo annoveri anime come quella che certamente era in Antonio De Curtis! La sua arte irraggiungibile per qualità, aveva anche dietro le quinte,un’umanità che si può dire Luce dal Creatore. Grazie Simone, buon proseguire,ciao!
🙏😁
Totò un grandissimo sia a livello aristico che umano. L’umanità, in tal senso, ha perso nu principe overamente. E come comico uno dei più immensi perchè la arte sulla scena era non solo impareggiabile ma di una creatività che chimicamente veniva dal basso. Grazie del tuo passaggio,👏👏👏😊 Ciao
🙏😁
Molto interessante – Grazie!
Grazie 🙏😁
buona pasquetta.
un abbraccio
Altrettanto 🙏😁